TONY RICCIO
TONY RICCIO, LO SCIENZIATO: “L’ANTARTIDE MI HA INSEGNATO CHE ANCHE IN UN
AMBIENTE INOSPITALE LA VITA SI ADATTA E PERSISTE CON UNA FORZA INCREDIBILE”
È vero che il nostro destino è segnato dal contesto in cui nasciamo? A volte
sembra di sì. Quando cresci in una periferia, il mondo ti guarda con sospetto. E
spesso ti ci abitui. Ma non è una regola, anzi è solo un pregiudizio. Questa
volta ce lo dimostra Antonio Riccio, detto Tony, presidente del circolo
Legambiente “La Gru” e tecnico specializzato in chimica ambientale, che da
trent’anni lavora tra ricerca e attivismo. “Penso che il 99% delle persone di
Scampia abbia una storia eccezionale da raccontare”, dice Antonio Riccio, con
una naturalezza che fa sembrare quella frase la cosa più ovvia del mondo.
Eppure, quando si parla di Scampia, la prima immagine che viene in mente a molti
è quella di un quartiere dimenticato, segnato dalla criminalità e dal degrado.
Ed è proprio su questo pregiudizio che Antonio vuole farci riflettere, partendo
dalla sua esperienza e da quella di tanti altri che, come lui, hanno deciso di
non arrendersi.
SCAMPIA NON È MAI STATA SOLO CEMENTO E CRONACA: È UN LUOGO DA CONOSCERE,
STUDIARE E
PROTEGGERE
Per lui, Scampia non è mai stata solo cemento e cronaca: è stata un luogo da
conoscere, studiare e proteggere. Arrivato a Scampia nel maggio del 1980, prima
ancora del terribile terremoto dell’Irpinia, quando il quartiere era una distesa
di terre dove addirittura si coltivava e si allevavano animali come ovini. Un
paesaggio fatto di campi e stalle, oggi sostituito da palazzoni e asfalto, ma
che è stato per Tony il terreno fertile dove crescere. “Se tornassi indietro,
rifarei tutto, perché questo quartiere mi ha dato tantissimo: qui tutto è più
forte, nel bene e nel male”, così racconta Tony, con uno sguardo che mescola
orgoglio e consapevolezza. Arrivato a Scampia quando aveva circa 11 anni, ha
visto trasformarsi quella terra in un quartiere complesso, stratificato, spesso
dimenticato, ma mai privo di energia.
RESTARE, STUDIARE, ATTIVARSI
La sua risposta è stata chiara: restare, studiare, attivarsi. Così lui, che
proveniva da una
famiglia “semplice” ma unita, residente nella Vela Celeste, decide di iscriversi
alla facoltà di
Chimica. Una scelta tutt’altro che scontata, soprattutto in un’epoca in cui le
aspettative per
chi viveva in periferia erano spesso basse, quasi rassegnate. Ma Tony ha sempre
creduto
che conoscere significasse liberarsi. E la scienza, con il suo rigore e il suo
metodo, gli ha
dato gli strumenti per osservare il mondo con occhi nuovi, per interrogarsi e
per agire. Ci ha
confessato che in quegli anni non sono mancate le “proposte”, e non ha avuto
bisogno di
nominarla esplicitamente per farci capire a cosa si riferisse. La camorra, a
Scampia, è
sempre stata una presenza silenziosa ma pervasiva, capace di insinuarsi nelle
vite di chi
cerca scorciatoie o semplicemente vie d’uscita. Ma Tony ha sempre detto no. A
ogni
proposta ha risposto con un rifiuto. Ha scelto di credere nello studio, nella
conoscenza come
forma di riscatto.
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SOGNARE UN MONDO DIVERSO E TRASFORMARE QUEI SOGNI IN AZIONI
Per Angelica, i libri sono stati il filo che ha collegato il suo passato al
presente, rendendo meno spaventosi i luoghi che avrebbe poi visitato di persona.
Anche raccontare la propria storia ha un valore immenso: “Ho capito che se si
raccontano le proprie storie e si ha la voglia di fare qualcosa, si incontrano
persone disposte ad aiutarti”. Il suo percorso è la prova di come condividere i
propri progetti, con coraggio e autenticità, possa creare legami e opportunità
inaspettate. La storia di Angelica De Vito non è solo quella di una giovane
donna che ha fatto delle difficoltà un trampolino di lancio per il cambiamento.
È un esempio potente di come il futuro non sia mai una linea predeterminata,
tracciata dalle circostanze in cui nasciamo o dalle condizioni esterne. In un
mondo che spesso ci impone definizioni e limiti, Angelica ha scelto di
riscrivere la propria storia, partendo proprio dai punti che sembravano più
vulnerabili: il suo quartiere, le sue radici. In un contesto come quello di
Scampia, che può sembrare segnato da un destino difficile, Angelica ha trovato
la forza di sognare un mondo diverso e ha trasformato quei sogni in azioni
concrete.
IL FUTURO NON È UN DESTINO SCRITTO MA IL RISULTATO DI SCELTE QUOTIDIANE
La storia di Angelica si unisce a quella di tanti altri che, con il loro
operato, dimostrano come il futuro non sia un destino scritto, ma il risultato
delle scelte quotidiane. Non siamo prigionieri di ciò che il mondo ci presenta,
ma siamo costruttori del nostro domani. In un’epoca in cui spesso ci sentiamo
impotenti di fronte alle sfide globali, come le migrazioni climatiche o le
disuguaglianze sociali, Angelica ci mostra attraverso il suo percorso che è
possibile fare la differenza, partendo da dove siamo e trasformando le nostre
esperienze in opportunità. Non si tratta di aspettare che il mondo cambi, ma di
essere noi stessi il motore di quel cambiamento, con coraggio, passione e
determinazione. Il futuro che ci aspetta non è quello che ci viene imposto, ma
quello che decidiamo di costruire, passo dopo passo, attraverso le nostre
scelte. Questo è lo scopo di questa rubrica: ricordarci che siamo gli artefici
del nostro futuro e che, indipendentemente da dove nasciamo, possiamo realizzare
i nostri sogni.
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Tag - STRA-ORDINARI
IRENE FERRARA
IRENE FERRARA, LA “MAST ‘E FEST” DI SECONDIGLIANO: “IL SUCCESSO PIÙ GRANDE?
ESSERE UNA BRAVA PERSONA”
La nostra prima intervistata è Irene Ferrara, nata e cresciuta a Secondigliano,
uno dei quartieri della periferia di Napoli. Dopo aver conseguito la laurea in
‘Scienze della Comunicazione’ presso l’Università degli Studi ‘Suor Orsola
Benincasa’, Irene ha intrapreso la carriera di DJ, o come si descrive lei
stessa, ‘Mast e fest’. “Durante l’università ho fatto uno stage in una radio nei
pressi di Secondigliano. Mi dissi: ‘perché non provarci?’”. E così è iniziata
una carriera nella musica e nell’organizzazione di eventi che l’ha portata a
collaborare con diversi artisti di fama nazionale e internazionale, tra cui
Snoop Dogg, Chris Brown, Planet Funk, Almamegretta e 99 Posse. La sua musica ha
animato eventi di rilevanza internazionale. “La periferia mi ha portato davvero
bene – ha detto – Sono nata a Secondigliano, lì ho incontrato la radio per la
prima volta ed è da lì che è tutto iniziato”.
DALLA RADIO DI SECONDIGLIANO AI GRANDI PALCHI INSEGUENDO LA PASSIONE
“Chiaramente, all’inizio, era visto come un lavoro precario, quindi mi dissero
che dovevo viverlo come una passione. Era così anche per me, non era una vera
forma di sostentamento”. La famiglia di Irene però comprese quella passione e la
sua volontà di intraprendere una carriera nell’ambito musicale. “Penso che il
mio ambiente sia uno dei più autentici – ha continuato dicendo – c’è molta meno
competizione di quanta ce ne sia in molti altri lavori”.
“IO SONO NATA NEL BORDELLO DI SECONDIGLIANO, SOLO DA LÌ POTEVO USCIRE COSÌ”
“Secondigliano ha indubbiamente influenzato la mia vita, soprattutto sulla
qualità dei rapporti che ho avuto – ha detto – A Secondigliano c’è un’altra
aria, è casa, è famiglia. In periferia si sente che c’è voglia di fare squadra.
Non sei mai solo”. Irene ha ricordato la sua infanzia a Secondigliano fatta di
spensieratezza e sabati pomeriggi al cinema “quello con le poltrone scomode”. E
poi il circolo di Rifondazione proprio di fronte casa. “Era per noi un ritrovo
di amici – ricorda – scaricavamo musica perché a casa non avevamo nemmeno il
computer. Lì condividevamo anche questo. Erano bei momenti”. Oggi non abita più
lì, per esigenze lavorative si è spostata in centro, ma è lì che sono le sue
radici. “Fortunatamente Secondigliano era sempre pieno di gente, semplicemente
un quartiere di bordello e solo da lì potevo uscire”.
Guardando al suo quartiere oggi, Irene riconosce che è molto cambiato: tante
cose sono migliorate e tante attività sono state aperte. “Torno spesso a
Secondigliano perché parrucchiere e dentista non si cambiano mai – scherza – Lo
trovo più sicuro e più vivo. Ci sono tante attività. I mezzi pubblici funzionano
meglio e tra poco ci sarà anche un’altra metropolitana. La trovo vivibile, con
prezzi abbordabili e c’è quel pezzo di umanità dai tempi calmi, come le signore
che vanno a fare la spesa, che in centro non vedo. Anche io, per esempio, ora
abito a un passo dal mare ma non lo vedo mai. Lo scorgo solo se sto andando a
fare un’altra cosa.
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“MI SONO ISPIRATA A ME STESSA”
“Trovarmi a stretto contatto con i miei idoli, tra tutti Cristina D’Avena, mi ha
emozionato tantissimo- ha raccontato Irene, seduta sul divano di casa sua con le
gambe incrociate – quegli episodi li ricordo con particolare emozione. Già solo
per quello ho capito che ne valeva la pena”. E la sua casa è piena di piccoli
oggetti, foto e ricordi, che raccontano la sua vita, la sua storia e le sue
passioni.
“Forse mi sono autoisprata”, ha detto. Durante l’intervista ci ha raccontato di
aver visto dei suoi video, nel pieno delle crisi esistenziali a fine percorso
universitario, dove ballava e cantava e delle playlist da lei create e così ha
deciso di buttarsi. Lo ha fatto poiché crede che “vivere per quello che sei
portato a fare, quello che ti fa felice, è fondamentale”. Di certo, durante i
nostri percorsi di studi o nella nostra carriera lavorativa, cerchiamo di
ottenere successo, puntando sempre a raggiungere il massimo nel nostro campo. Ma
che cos’è realmente il successo? Per Irene è “sicuramente essere una brava
persona – ha aggiunto – svegliarsi e capire di star facendo le cose in maniera
giusta per me, restare fedele a me stessa, senza ingannarmi. Il successo più
grande è la serenità”.
“TORNARE ALLE ORIGINI SAREBBE UNA BUONA TERAPIA PER RISOLVERCI”
Irene racconta di non avere un oggetto porta fortuna perché non è legata agli
oggetti, ma di una cosa non può fare mai a meno: la pinza per i capelli. “Sono
vanitosa ma mi piace scatenarmi in console, ed è per questo che con me non
mancano mai un paio di pinze per i capelli”. Durante tutta l’intervista, come da
noi richiesto, Irene ha disegnato su un foglio. Le abbiamo chiesto di
rappresentare con un simbolo questo momento della sua vita. Lei ha disegnato un
fiore. “Mi piace la natura, sono appassionata, sono anche vegetariana – ha
spiegato – e poi per me rappresenta un ritorno alle origini. Tornare alle
origini, intese come un ritorno alla semplicità, sarebbe una buona terapia per
risolverci all’interno. È un augurio che faccio anche a me. Non è una cosa
semplice”.
Irene Ferrara ci ha salutati con l’augurio di rivederci presto e di organizzare
una serata al MOSS – Ecomuseo diffuso di Scampia: “Portiamo la musica dentro i
musei, organizziamo una bella festa all’ecomuseo”. E noi saremmo felicissimi di
scatenarci sulle sue note. La carriera di Irene Ferrara è solo una delle tante
che vogliamo raccontarvi. Siamo già al lavoro per portarvi e raccontarvi altre
storie di persone che ce l’hanno fatta. Persone di successo, ma un successo
inteso proprio come lo descrive Irene: un successo che non è altro che la
soddisfazione e l’onestà personale.
IRENE FERRARA
IRENE FERRARA, LA “MAST ‘E FEST” DI SECONDIGLIANO: “IL SUCCESSO PIÙ GRANDE?
ESSERE UNA BRAVA PERSONA”
La nostra prima intervistata è Irene Ferrara, nata e cresciuta a Secondigliano,
uno dei quartieri della periferia di Napoli. Dopo aver conseguito la laurea in
‘Scienze della Comunicazione’ presso l’Università degli Studi ‘Suor Orsola
Benincasa’, Irene ha intrapreso la carriera di DJ, o come si descrive lei
stessa, ‘Mast e fest’. “Durante l’università ho fatto uno stage in una radio nei
pressi di Secondigliano. Mi dissi: ‘perché non provarci?’”. E così è iniziata
una carriera nella musica e nell’organizzazione di eventi che l’ha portata a
collaborare con diversi artisti di fama nazionale e internazionale, tra cui
Snoop Dogg, Chris Brown, Planet Funk, Almamegretta e 99 Posse. La sua musica ha
animato eventi di rilevanza internazionale. “La periferia mi ha portato davvero
bene – ha detto – Sono nata a Secondigliano, lì ho incontrato la radio per la
prima volta ed è da lì che è tutto iniziato”.
DALLA RADIO DI SECONDIGLIANO AI GRANDI PALCHI INSEGUENDO LA PASSIONE
“Chiaramente, all’inizio, era visto come un lavoro precario, quindi mi dissero
che dovevo viverlo come una passione. Era così anche per me, non era una vera
forma di sostentamento”. La famiglia di Irene però comprese quella passione e la
sua volontà di intraprendere una carriera nell’ambito musicale. “Penso che il
mio ambiente sia uno dei più autentici – ha continuato dicendo – c’è molta meno
competizione di quanta ce ne sia in molti altri lavori”.
“IO SONO NATA NEL BORDELLO DI SECONDIGLIANO, SOLO DA LÌ POTEVO USCIRE COSÌ”
“Secondigliano ha indubbiamente influenzato la mia vita, soprattutto sulla
qualità dei rapporti che ho avuto – ha detto – A Secondigliano c’è un’altra
aria, è casa, è famiglia. In periferia si sente che c’è voglia di fare squadra.
Non sei mai solo”. Irene ha ricordato la sua infanzia a Secondigliano fatta di
spensieratezza e sabati pomeriggi al cinema “quello con le poltrone scomode”. E
poi il circolo di Rifondazione proprio di fronte casa. “Era per noi un ritrovo
di amici – ricorda – scaricavamo musica perché a casa non avevamo nemmeno il
computer. Lì condividevamo anche questo. Erano bei momenti”. Oggi non abita più
lì, per esigenze lavorative si è spostata in centro, ma è lì che sono le sue
radici. “Fortunatamente Secondigliano era sempre pieno di gente, semplicemente
un quartiere di bordello e solo da lì potevo uscire”.
Guardando al suo quartiere oggi, Irene riconosce che è molto cambiato: tante
cose sono migliorate e tante attività sono state aperte. “Torno spesso a
Secondigliano perché parrucchiere e dentista non si cambiano mai – scherza – Lo
trovo più sicuro e più vivo. Ci sono tante attività. I mezzi pubblici funzionano
meglio e tra poco ci sarà anche un’altra metropolitana. La trovo vivibile, con
prezzi abbordabili e c’è quel pezzo di umanità dai tempi calmi, come le signore
che vanno a fare la spesa, che in centro non vedo. Anche io, per esempio, ora
abito a un passo dal mare ma non lo vedo mai. Lo scorgo solo se sto andando a
fare un’altra cosa.
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“MI SONO ISPIRATA A ME STESSA”
“Trovarmi a stretto contatto con i miei idoli, tra tutti Cristina D’Avena, mi ha
emozionato tantissimo- ha raccontato Irene, seduta sul divano di casa sua con le
gambe incrociate – quegli episodi li ricordo con particolare emozione. Già solo
per quello ho capito che ne valeva la pena”. E la sua casa è piena di piccoli
oggetti, foto e ricordi, che raccontano la sua vita, la sua storia e le sue
passioni.
“Forse mi sono autoisprata”, ha detto. Durante l’intervista ci ha raccontato di
aver visto dei suoi video, nel pieno delle crisi esistenziali a fine percorso
universitario, dove ballava e cantava e delle playlist da lei create e così ha
deciso di buttarsi. Lo ha fatto poiché crede che “vivere per quello che sei
portato a fare, quello che ti fa felice, è fondamentale”. Di certo, durante i
nostri percorsi di studi o nella nostra carriera lavorativa, cerchiamo di
ottenere successo, puntando sempre a raggiungere il massimo nel nostro campo. Ma
che cos’è realmente il successo? Per Irene è “sicuramente essere una brava
persona – ha aggiunto – svegliarsi e capire di star facendo le cose in maniera
giusta per me, restare fedele a me stessa, senza ingannarmi. Il successo più
grande è la serenità”.
“TORNARE ALLE ORIGINI SAREBBE UNA BUONA TERAPIA PER RISOLVERCI”
Irene racconta di non avere un oggetto porta fortuna perché non è legata agli
oggetti, ma di una cosa non può fare mai a meno: la pinza per i capelli. “Sono
vanitosa ma mi piace scatenarmi in console, ed è per questo che con me non
mancano mai un paio di pinze per i capelli”. Durante tutta l’intervista, come da
noi richiesto, Irene ha disegnato su un foglio. Le abbiamo chiesto di
rappresentare con un simbolo questo momento della sua vita. Lei ha disegnato un
fiore. “Mi piace la natura, sono appassionata, sono anche vegetariana – ha
spiegato – e poi per me rappresenta un ritorno alle origini. Tornare alle
origini, intese come un ritorno alla semplicità, sarebbe una buona terapia per
risolverci all’interno. È un augurio che faccio anche a me. Non è una cosa
semplice”.
Irene Ferrara ci ha salutati con l’augurio di rivederci presto e di organizzare
una serata al MOSS – Ecomuseo diffuso di Scampia: “Portiamo la musica dentro i
musei, organizziamo una bella festa all’ecomuseo”. E noi saremmo felicissimi di
scatenarci sulle sue note. La carriera di Irene Ferrara è solo una delle tante
che vogliamo raccontarvi. Siamo già al lavoro per portarvi e raccontarvi altre
storie di persone che ce l’hanno fatta. Persone di successo, ma un successo
inteso proprio come lo descrive Irene: un successo che non è altro che la
soddisfazione e l’onestà personale.